I ragazzi, le modelle artificiali e la filosofia di Instagram

Aitana Lopez

Parlare di conformismo social e di nuove categorie antropologiche internettiane è sempre difficile. Si rischia di cadere nel luogo comune con fin troppa facilità.

Come si rischia, però, di perdere di vista i propri desideri e la propria indole se il discorso non lo si affronta proprio, tacciando tutte le possibili critiche di passatismo e relegandole a sermoni televisivi e social (il pensiero antisocial è diffusissimo – guarda caso – proprio sui social) confezionati da personaggi alquanto burberi e fané.

Prendiamo allora uno spunto di cronaca, vale a dire la recente notorietà acquisita dalla modella spagnola Aitana Lopez, seguita da quasi trecentomila persone su Instagram, per capirne di più. Incuriositi, apriamo il suo profilo e troviamo le foto di una giovane qualunque; certo attraente, ma comunque uguale a tante altre che siamo abituati a vedere sullo schermo.

Il cliché è quello della fit influencer che prima si pone come un prodotto e poi si lamenta se viene oggettificata: foto con abiti sportivi e scenari innevati, capelli tinti e curve perfette. Immancabile, poi, l’ostentazione di uno stile di vita da (coniamolo) mens nana in corpore sano.

La solita solfa, è chiaro. Ci verrebbe in ogni caso da spegnere il telefono e dimenticarla. Fin quando l’occhio non cade sulla sua bio/descrizione: Powered by AI, preceduto dall’emoticon di un robot.

Ed è qui che prorompe la notizia, “l’uomo che morde il cane”. Ad Aitana Lopez, spagnola mozzafiato, non manca solo l’anima come già era facile intuire. La ragazza non ha nemmeno un corpo.

È un prodotto dell’intelligenza artificiale ed è stata ideata da Rubeñ Cruz, fondatore dell’agenzia di modelle The Clueless.
Lo stesso Cruz aveva intuito come questa creazione, a costo zero, potesse contribuire a un incremento del profitto, partecipando a campagne pubblicitarie e sponsorizzazioni. E il suo sesto senso era lungimirante.

In poco tempo, infatti, Aitana Lopez è cresciuta su tutte le piattaforme digitali, generando – si dice – almeno diecimila dollari al mese di guadagno.

È solo uno dei tanti paradossi dei social, e non è nemmeno così eclatante, considerando che la mancanza di res extensa è un attributo iconografico molto comune tra i modelli instagrammabili.

Diciamolo senza sensi di colpa: Aitana Lopez non è nulla di nuovo. Gli influencer sono quasi tutti, e da sempre, senza sostanza. Per dirla elegante, personaggi inesistenti.
La notizia buffa riguarda invece chi li segue, i followers. Fa strano pensare a come l’idea di Pasolini sui “giovani conformisti” sia rimasta sostanzialmente immutata in più di sessant’anni.

Nelle Lettere luterane, il regista dipinge l’adolescenza come quell’età dove si prendono sì le distanze dagli adulti, considerati conformisti, ma in cui si va ad aderire in modo altrettanto conformista al modello di vita dei coetanei. Un conformismo, quello dei giovani, ancora più “feroce e intimidatorio”, scrive Pasolini.

Nei ragazzi della cosiddetta Gen Z (esisterà?) lo si vede benissimo. Per loro è comodo prendersi gioco dei genitori e dei nonni; a una cena di famiglia sperano di finire presto, evitando la carrellata di vecchie foto e video delle vacanze. Un desiderio legittimo, visto che a nessuno frega nulla delle foto degli altri.

Poi, però, i ragazzi tirano fuori il telefono e aprono Instagram e Tik Tok, regni del “guarda dove sono, guarda dove mangio, guarda con chi vado a letto, guarda mio figlio che bravo”.

Ed ecco che prende forma la vittoria definitiva del nulla sull’essere. Del corpo finto di Aitana sulle parole di Oriana, dei podcast di Fedez sulle interviste sussurrate di David Foster Wallace.

La vittoria di chi ci spiega (e ci mostra) come si vive su chi non immagina lontanamente di poterlo fare, ma che alla fine, in qualche modo molto umano e involontario, ci riesce.

Proviamo a immaginare gli effetti di questa cultura dell’apparenza sui ragazzini, conformisti feroci. Facile? No di certo. È un nuovo orizzonte di dolore.

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