Il PPE trova la rotta: nel nuovo programma attacca i burocrati e bilancia l’economia con il vero ambientalismo

Una frase centrale, inserita nella bozza del nuovo documento programmatico del PPE, è questa: «Senza protezione del clima, la nostra economia non può rimanere competitiva nel lungo periodo, ma senza un’economia competitiva non può esserci nemmeno una protezione del clima sostenibile».

È la chiave di volta di una discussione interna al Partito Popolare Europeo che, in vista delle elezioni di giugno, sta ridisegnando prospettive e sensibilità.

Il quinquennio che va a chiudersi ha d’altronde evidenziato come la politica del Green Deal lanciata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, abbia creato dei contraccolpi pesanti sull’economia reale. La sensazione diffusa è che grande finanza e burocrazia ne abbiano approfittato ancora una volta.

La spinta forte per ridurre il cambiamento climatico, impostata con azioni violente ma anche di dubbia efficacia, ha contribuito a scavare il solco fra i mercati europei e quelli dei grandi concorrenti internazionali, la Cina in primis, che di regole antinquinamento (così come di tutele sociali) se ne infischiano bellamente.

Così il PPE, che a inizio marzo si ritroverà a Bucarest in congresso, sta ridisegnando al suo interno gli orizzonti. Un punto decisivo è dunque quello di ridurre pesantemente la presenza e l’influenza della burocrazia all’interno dell’Unione Europea, dando respiro al libero mercato e alla voglia di fare impresa. Un primo passo sarà sciogliersi dai molti lacci che sono stati artatamente creati per sottostare agli interessi delle grandi multinazionali, così come da una visione ambientalista piena di azioni di facciata che hanno spesso oltrepassato il senso del ridicolo.

Nel manifesto elettorale approntato per rivisitare i programmi, si legge un’altra frase emblematica riguardante lo smantellamento di sovrastrutture e complessità normative che finiscono per essere inefficaci, anzi dannose: «La legislazione deve essere facile da usare e capire, e deve essere attuata. Ridurremo la vecchia burocrazia introducendo il principio del “uno dentro e due fuori”, con l’obiettivo generale di ridurre di un terzo l’onere normativo».

In questo momento, un altro elemento centrale del cambio di rotta riguarderà il rapporto con l’intelligenza artificiale, «che non deve essere burocrazia artificiale», specificano dalla corrente più vicina a Manfred Weber, attuale capogruppo al parlamento europeo. «Vogliamo abilitare, sviluppare e utilizzare l’intelligenza artificiale, non contenerla o ostacolarla attraverso un eccesso di regolamentazione».

Per quanto concerne la partita ambientale, l’adeguamento delle politiche europee è inevitabile. Nessuno vuole sottovalutare i problemi mondiali, ma la mentalità deve cambiare e mettere al centro le imprese, garantendo alle industrie europee la possibilità di sfruttare energia pulita e rinnovabile a costi accessibili.

Nel PPE emerge dunque la volontà di un bilanciamento ragionevole delle aspettative, fra tutela delle risorse e competitività ambientale. Comprendendo che bisogna alzare un muro contro i veri inquinatori mondiali, senza incaponirsi in misure che mettono esclusivamente in ginocchio la competitività europea.

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