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Il “vento” di Reguzzoni soffia contro la mediocrità dei politici ma crede ancora nella politica

Non si è trasformato. Semmai Marco Reguzzoni, dieci anni dopo la sua ultima apparizione parlamentare, ha elaborato il suo modo di vedere la politica.

In “Vento di cambiamento” – il piccolo ma denso libro che disegna le speranze coltivate dentro l’Associazione “I Repubblicani” – emerge una visione più matura rispetto al passato, capace di mettere a fuoco non solo le criticità con cui conviviamo, ma soprattutto le logiche disoneste e perniciose che consentono a queste criticità di esistere e resistere, facendo a pezzi ciò che siamo nel profondo.

Nel suo volume, Reguzzoni riparte dal pensiero federalista di Gianfranco Miglio, dai guizzi di strategia politica che gli mostrò Umberto Bossi e anche dalle intuizioni di Silvio Berlusconi, per andare però a innestare quelle radici su una prospettiva nuova e modernissima, frutto di molti passi in avanti, senza farsi venire il torcicollo.

Pagina dopo pagina, si dimostra come il “cambiamento” di cui Reguzzoni parla sia soprattutto una questione di consapevolezza e mentalità. Oltre alle idee concrete (che peraltro non mancano, anzi ce ne sono dieci strategiche o rivoluzionare ben dettagliate) serve in primo luogo rendersi conto di chi siano i veri nemici che ci mettono ogni giorno all’angolo.

L’avversario partitico conta molto poco nell’analisi reguzzoniana, perché la politica appare come una statuina (neanche bella) che s’illude di brillare e invece fa da parafulmine per tutto il rancore dei cittadini scontenti. Una politica vittima della sua impreparazione, al punto da lasciarsi manovrare da grandi finanziari e funzionari dello Stato pur di salvaguardare stipendio e illusione di potere.

È verso la cancrena lobbistica che s’indirizza la ribellione invocata da Reguzzoni, per risollevare le sorti di un Paese, anzi dell’intera civiltà occidentale, con le sue mille identità differenti responsabilizzate e riunite sotto una bandiera europea che sinora non le ha rappresentate, ma messe in trappola.

Tre motivi per leggere “Vento di cambiamento”?

Il primo è che sviluppa un punto di vista raro, spietato ma indispensabile rispetto all’omologazione urlata e sempre elettoralmente interessata della politica di oggi.

Il secondo è che lo sconforto non tracima nel pessimismo e, anche se il dipinto è tragico, la speranza non viene mai meno.

Il terzo motivo per dedicare tempo a questa lettura è che, ad ogni capitolo, si ascoltano due voci continuamente alternate – vale a dire quella dell’imprenditore e quella del politico – entrambe con una storia di spessore alle spalle.

Di ragione forte per approcciare questo volume ne esiste in verità una quarta. Nobile ma anche impegnativa.

“Vento di cambiamento” parla infatti soprattutto ai giovani, ma lo fa senza cedere alla comunicazione da social, senza riassumere tutto in un post o in reel, consegnando invece un’analisi approfondita, onesta e dunque impegnativa. È così un libro che richiede fatica e che accetta fino in fondo le difficoltà che spettano a chi non si rassegna a banalizzare ogni cosa.

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