Marco Reguzzoni: «Il futuro di Varese si gioca sui tavoli europei»

Marco Reguzzoni, presidente dei Repubblicani, lei ha scritto un libro – “Vento di cambiamento – che parla in più capitoli di una nuova Europa dei popoli. È stato di recente a Bucarest, al congresso generale del PPE. Si parla di una sua candidatura alle Europee per Forza Italia. Tutto, dalle sue parti, sembra dunque spingere verso una dimensione continentale. Come mai?

«Perché ormai solo i ciechi non si accorgono che la gran parte delle decisioni che subiamo arrivano da Bruxelles e che molte delle battaglie fondamentali per le nostre imprese si possono giocare solo lì. Volenti o nolenti, certi processi non si fermano ai confini. Al di là della mia candidatura, l’impegno dei Repubblicani sarà avere sempre uno sguardo ampio, appunto europeo, per non restare schiacciati».

Eppure, specie nel centrodestra, l’Europa è per molti la grande nemica…

«Lo è solo per qualcuno. Certe posizioni assumono una rilevanza mediatica esagerata rispetto al sentimento dominante fra la gente. E comunque l’Unione Europea, per come è stata gestita fino ad ora, non ha certo brillato per efficacia e autorevolezza. Ma gettare fango e restare all’opposizione a gridare non serve a nulla. Meglio provare a cambiare le cose con le idee. Per questo ho voluto creare una versione in lingua inglese – ”Wind of Change” – del mio libro. Per parlare a una platea più ampia».

Come si concilia tutto ciò con la sua sfida per un federalismo che metta al centro i Comuni?

«Si concilia benissimo. Io auspico una forma di governo federale non per dividere, ma per valorizzare i singoli territori, a cominciare dalla mia Varese, sconfiggendo le logiche statali centraliste, trovando invece nel contesto continentale un ambito identitario in cui difendere gli interessi complessivi di popoli fieramente diversi ma uniti da una storia comune. L’Europa che sogniamo come Repubblicani non è quella che comanda secondo le indicazioni di poteri finanziari e burocrati, ma quella in cui i territori si valorizzano con le loro differenze, rivendicandole dentro una sfida globale contro chi vorrebbe cancellarle».

Ma davvero c’è bisogno di andare a cercare risposte a Bruxelles?

«Per rispondere, prendo un tema a me caro: Malpensa. Chiunque abbia contezza dell’argomento, sa che il futuro del nostro hub non può essere determinato da scelte nazionali, ma deve essere pensato dentro una dimensione europea. La gara si svolge lì. Il territorio deve fare lobby e farsi sentire in quell’ambito».

E come dovrebbe farlo?

«Lavorando per fare in modo che il proprio sistema territoriale riesca a fare rete e a trovare rappresentanza nei consessi decisionali. Penso a realtà istituzionali, associazioni di categoria, confederazioni e altri soggetti rilevanti di una provincia (come appunto Varese) che costruiscano uno staff forte, capace di elaborare richieste e proposte da sottoporre ai decisori europei. Nel 2024 significa non tanto aprire un ufficio di rappresentanza, che in sé non è indispensabile, ma costruire una squadra competente che possa intercettare le novità, consigliare, prevedere e persuadere a prendere certe decisioni. Guardare verso Nord, invece che verso Roma. È una sfida culturale per la Provincia di Varese, le organizzazioni di categoria, gli imprenditori e la Camera di commercio del territorio».

Non è un’impresa impossibile in questa Europa?

«E chi lo ha detto? In un mondo in cui le competizioni sono globali, è un imperativo essere presenti con le proprie istanze dove si prendono le decisioni. Nulla è facile, ma con tenacia si ottengono risultati. Guardate all’attuale gestione della Commissione Europea, ormai a fine mandato. Io stesso, che ho spesso criticato Ursula Von der Leyen, ravviso un provvidenziale cambio di rotta, generato dalla pressione mossa nei suoi confronti da quella parte di Partito Popolare Europeo in cui più mi riconosco. Quella parte, cioè, che mette le imprese e i lavoratori davanti a tutto e che non si lascia piegare da finte logiche ambientaliste. Ebbene, per fare un esempio, Von der Leyen è stata pochi giorni fa in Egitto con Giorgia Meloni, mostrando sano realismo e buona volontà nel risolvere i problemi che gravano sui nostri territori. È un bel segnale».

Quale sarebbe, dunque, la battaglia dei Repubblicani?

«Stimolare chi rappresenta le nostre istituzioni ad avere uno sguardo europeo. È un’Unione imperfetta, a volte deludente, ma distruggerla ci taglierebbe completamente fuori dalla possibilità di incidere sulle grandi sfide internazionali. Sul giornale Mega cerchiamo di dare stimoli in tal senso, parlando delle visioni sull’elettrico nell’aviazione e della difesa dei nostri mercati da chi non rispetta le regole, consapevoli che ormai bisogna agire con logiche ampie per ottenere qualcosa. L’associazione che presiedo vuol fare da stimolo per ricordare a tutti i partiti che, rinunciando a confrontarci a certi livelli ma accontentandoci di fare i lamentosi, avremmo solo da perdere. Subendo le scelte degli altri».

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