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Basta business sfrenato: il fair play finanziario prende piede nel calcio. E anche l’Uefa spinge per regole europee che fermino il saccheggio arabo

In Inghilterra hanno deciso di aprire con decisione la discussione che potrebbe portare all’introduzione del salary cap in Premier League, a partire dal 2025. Un tetto massimo di spesa, determinato da bilanci e categoria di appartenenza, che dovrebbe generare equilibrio finanziario e stop a stipendi folli che stravolgono il mercato del calcio.

È questa una delle proposte a cui sta lavorando anche Marco Reguzzoni, presidente dei Repubblicani e candidato come indipendente nelle liste di Forza Italia per le prossime Europee, al punto da creare un tavolo di lavoro con esperti della disciplina e studi legali specializzati in diritto sportivo che possa ridefinire le regole finanziarie.

Ma il salary cap – da unire a iniziative che blocchino il saccheggio arabo (ma anche cinese e indiano) dei nostri campionati – è davvero una mossa fattibile e utile?

In Spagna è ormai realtà da cinque stagioni, in Germania ne discutono attivamente da un paio d’anni, detto poi dell’Inghilterra che ha imboccato con decisione la strada del contenimento dei costi, ora anche in Italia si sta sollevando il dibattito.

Per la Lega Serie A un salary cap sarebbe necessario. D’altronde nel nostro Paese, ben l’82% dei ricavi se ne va per gli stipendi dei calciatori. Un rapporto non solo moralmente ma anche economicamente insostenibile. Oltretutto, la pressione che arriva dal mondo arabo, con una corsa sfrenata ad alzare l’asticella degli ingaggi per avere in rosa i campioni del momento, non fa altro che aumentare le prospettive di un tracollo del sistema.

In Spagna, dove ormai l’esperimento è rodato, le cose sembrano andare benino, anche se in realtà lì si è scelto di percorrere una strada prudente, lasciando comunque un margine di manovra importante ai grandi club, in modo che restino competitivi a livello internazionale. Il punto è proprio quello sottolineato da Reguzzoni: «Un singolo Paese può fare poco visto che si muove in un contesto globalizzato. Per questo è l’Europa che deve darsi un regolamento condiviso per ritrovare un generale equilibrio finanziario e deve porre dei limiti all’invasione degli altri sistemi calcistici».

Un concetto ben compreso dall’Uefa, che ha deciso di spendersi seriamente sul fair-play finanziario. Già quest’anno ha posto un limite “facile” del 90% fra stipendi e ricavi per i suoi club, ma già nella prossima stagione la percentuale scenderà all’80% e in quella successiva (1015/26) si stabilizzerà a un ambizioso 70%.

Sarà da quel momento che si inizierà a fare sul serio. E sarà per allora che Marco Reguzzoni vorrebbe aver creato un pacchetto di misure (compresi i soldi per settori giovanili e campionati minori ricavati dai diritti televisivi) che aprano l’orizzonte su nuovi scenari sportivi e culturali per la disciplina più amata nel mondo.

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