Un’affluenza di poco oltre il 30%, ma non solo. Con l’attuale Legge, un elettore contrario a quanto proposto da un referendum è più incentivato a non andare a votare per evitare il raggiungimento del quorum piuttosto che recarsi al seggio per esprimere il proprio “no”. Eppure, leggendo i risultati, si notano diverse opposizioni: alcune minori, tra l’11% ed il 13% sui primi 4 quesiti; ma ben del 35% relativamente alla cittadinanza.
Sebbene un referendum non dovrebbe mettere in gioco un Governo, questo risultato conferma che l’Esecutivo di centro-destra è stabile e il centro-sinistra “(NON) sta arrivando”.
Nel frattempo, sono state spese risorse per promuovere una votazione che è sembrata una prova di campagna elettorale di Landini, con l’appoggio della Shlein.
Lo strumento referendario è il modo più diretto per esercitare la democrazia, ma quando i quesiti su cui l’elettore viene chiamato ad esprimersi sono molto tecnici, come i primi 4 (licenziamenti, contratti piccole imprese, contratti a termine, appalti), il rischio è duplice: l’astensionismo da una parte e la possibilità di decidere con incompetenza dall’altra (senza voler offendere nessuno).
I cittadini hanno eletto i propri rappresentanti proprio per questo motivo. Gli eletti hanno il dovere di lavorare su questi temi per promuovere o modificare proprio queste Leggi grazie al mandato elettorale che hanno ricevuto.
Diverso è il caso di argomenti più semplici e diretti, quali i diritti civili. Nel caso specifico la riduzione dei tempi per richiedere la cittadinanza dove, oltre a non raggiungere il quorum, ha riscontrato ben il 35% di voti contrari tra chi si è recato alle urne.
E forse vien da dire che, visti i tempi che corrono tra social ed immigrazione senza integrazione, per il momento si è evitato la creazione di futuro “M5S dei Maranza”.