Spread ai minimi dal 2009, Moody’s alza il Rating dopo 23 anni: apprezzata Manovra e Stabilità. Una riflessione in più per la Legge Elettorale?

“Spread” e “Rating”, questi termini entrati nelle case degli italiani oltre 15 anni fa e subito associati quasi esclusivamente alla crisi di Governo anziché agli impatti sull’economia reale di famiglie ed imprese (e i conti pubblici).

Per gli economisti queste parole, di per sé, non significano nulla ma vanno analizzate, contestualizzate, approfondite e comparate. Per i media, invece, sono stati (e sono) fonte di notizia politica.

Lo Spread portò alla caduta del Governo Berlusconi ed all’inizio della stagione dei “tecnici” seguita dai Governi Letta, Renzi, Gentiloni, Conte e Draghi (ricordiamo quest’ultimo chiamato, con le mani legate, a risolvere il dramma dei governi pentastellati).

Anni dopo sappiamo come è andata: nonostante la spinta per far cadere il Governo Berlusconi i tecnici non hanno fatto miracoli, i Governi successivi probabilmente sono stati peggio e, tra l’altro, sempre distanti dall’espressione della volontà popolare, come però permesso dal nostro attuale sistema rappresentativo. 

Insomma, 15 anni fa sembrava che agli italiani servisse una guida esterna al mondo politico perché gli esponenti di allora erano incapaci di fare il loro lavoro o, quantomeno, impresentabili (fatto comprensibile se guardiamo la cosa con gli occhi dell’epoca, ben diverso se lo facciamo con gli occhi attuali).

Ma il risultato è stato che i tecnici non hanno rispettato le aspettative e la classe politica che ne è emersa è stata in grado di far rimpiangere qualunque politico o Governo del passato. Qualunque. 

(Per dirla tutta, i famosi banchi con rotelle andrebbero esposti in un museo per ricordare cosa significa far governare un Paese da un gruppo di incompetenti scelti su una piattaforma online).

In 15 anni “Spread” è stato anche sinonimo di un’Italia debole, che doveva fare ciò che l’Europa chiedeva e sempre lontana dal punto di riferimento “Germania”, forte della sua economia ed immagine politica. Ecco, l’immagine debole dell’Italia era ben rappresentata dall’uso della parola protagonista di questo articolo.

Ed arriviamo a ieri, dopo una serie di altre buone notizie (come i dati sull’occupazione), in serata arrivano i primi titoli “Spread ai minimi da 15 anni” che fanno eco alla precedente notizia sulla promozione del rating del nostro Paese da parte di Moody’s. 

Attenzione: non c’è da esultare, non significa che va tutto bene. Ma per una volta credo sia giusto essere felici per i “titoli di giornale” e guardare le cose con positività. Con buona pace di tutti quelli che, pur di fare propaganda, sembrano fare il tifo contro l’Italia in ogni occasione.

Questo risultato però non è frutto del caso, è la conseguenza di una Manovra che è stata reputata convincente dagli analisti e – soprattutto – dell’immagine di un Italia che, finalmente, ha un Governo stabile, anzi, probabilmente il più stabile in Europa. 

E questo ci porta ad una riflessione su un tema ancora più caldo: l’eventuale modifica della Legge Elettorale. 

Come scritto sopra, dopo la caduta dell’ultimo Governo Berlusconi (su cui si potrebbe aprire una lunga discussione), l’Italia è stata guidata – coerentemente con la Costituzione e la Legge Elettorale – da persone e partiti che non hanno rappresentato l’esito delle urne in senso stretto. Giusto? Certo, è le Legge. Efficiente ed efficace? Probabilmente no.

I tempi sono cambiati come le fazioni politiche ed i mezzi di comunicazione e propaganda. 

Con questo sistema elettorale, un politico deve rispondere quasi quotidianamente ai sondaggi e all’opinione sui social per qualunque cosa ed è sempre sotto scacco di qualche collega che può far cadere facilmente il Governo o quanto meno aprire una crisi. 

Quante volte sentiamo le opposizioni gridare “dimissioni” per qualche fatto di irrisoria importanza? È questo quello di cui abbiamo bisogno per affrontare il mondo attuale tra guerre militari, economiche e sfide tecnologiche senza precedenti?

Il Premier è come il CEO di un’azienda: non può lavorare solo sul breve periodo ma deve focalizzarsi sul medio-lungo termine. Le riforme vanno fatte bene, con studio, competenza e lungimiranza. 

Leggi di breve periodo causano solo danni (ricordiamo il Superbonus), invece le Riforme serie possono comportare un consenso meno favorevole nell’immediato ma dare grandi risultati negli anni successivi, così da innescare un circolo virtuoso volto alla crescita del nostro Paese. 

Ed infine, dal punto di vista sociale, credo sia altrettanto importante che la figura di chi sarebbe Premier in caso di vittoria debba essere chiara agli elettori al momento del voto e non rimandata a mesi di discussioni per trovare un nome che metta d’accordo forze politiche (anche molto distanti tra di loro) pur sapendo che, come dimostrato dalla nostra storia, avrebbe le mani legate e vita breve. 

Un Governo chiaro, stabile e che possa lavorare sotto l’occhio vigile del Parlamento. Poi, al termine del mandato, saranno gli elettori a premiarlo o non confermarlo. Ma lo faranno su un percorso pluriennale in cui avranno potuto notare costi e benefici del suo operato.

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