I dati lo confermano: gli stranieri fanno i lavori che noi rifiutiamo. Un milione di assunti in un solo anno

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Davvero gli stranieri ci sostituiranno completamente nei reparti produttivi industriali, occupandosi di tutti i lavori pratici e artigianali? La considerazione comune per cui gli immigrati svolgeranno sempre più tutte le professioni che noi non vogliamo più fare, è vera oppure è solo un’esagerazione?

I numeri ufficiali, quelli cioè presentati pochi giorni da Fondazione Ismu Ets per fotografare la reale integrazione degli stranieri in Italia (oltre 5 milioni di persone, a cui si stima di dover aggiungere 500mila irregolari), confermano in pieno la tendenza.

Il 2022, preso approfonditamente in esame dagli studiosi, è stato l’anno in cui sono stati assunti più stranieri di sempre. Secondo i dati di Unioncamere, ben un milione e 57mila, con una previsione di ulteriore incremento nel 2023.

Si tratta appunto molto spesso di impieghi di bassa manovalanza, assolutamente indispensabili ma retribuiti abbastanza poco, con contratti corti e poveri, tant’è che gli stranieri con un impiego hanno un reddito lordo di circa 19mila euro, mentre in Italia la media generale supera i 27mila euro.

D’altronde è prevedibile che questa sia la situazione considerando l’istruzione solitamente bassa degli immigrati: ad avere una laurea è solo il 12% degli stranieri ma, fra di loro, solo uno su quattro possiede un titolo legalmente riconosciuto in Italia. Viceversa hanno grande volontà di mettersi in gioco, mentre il sistema scolastico ancora fatica a valorizzare una formazione di tipo tecnico e professionale.

Va poi detto che, anche a fronte di personale qualificato proveniente dall’estero, non sempre ciò si traduce in un’occupazione di livello alto alla formazione ricevuta. Lo dicono sempre le statistiche: un italiano laureato ha uno stipendio più alto del 40% rispetto a chi ha studiato meno, mentre fra gli extracomunitari presenti nel Belpaese il valore aggiunto dei percorsi universitari vale appena il 9% in più.

Fra le popolazioni extraeuropee è molto spesso bassissima l’occupazione femminile: nel 2022 erano impiegate solo il 43% delle donne e, soprattutto, si tratta di persone provenienti da Paesi evoluti sul fronte della parità di diritti. Nel caso delle bengalesi, invece, l’inattività tocca il 92%, simile a quella delle pakistane, che non hanno un impiego (e neppure lo cercano) nel 90% dei casi.

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