Crescita nulla da più di trent’anni: ecco come gli stipendi condannano gli italiani

Il recente rapporto diffuso dall’Inapp (l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) ha mostrato dati critici. Quello che scopriamo leggendo il report è che gli stipendi italiani non crescono dagli anni Novanta. Praticamente, lavorando nel Belpaese oggi si guadagna proporzionalmente come nel 1995. Anzi, peggio, visto che i prezzi sono aumentati a causa dell’inflazione. 

Eccoci qui, appena usciti da una pandemia globale, col potere d’acquisto dei nostri lavoratori diminuito a dismisura. La fotografia di un’Italia sempre meno forte e decisiva negli equilibri internazionali.

Un altro problema del nostro sistema produttivo è quello della carenza di lavoratori, specialmente in alcuni settori specializzati, con una pletora di datori che si trovano in difficoltà nel coprire i posti vacanti. E sarà sempre peggio, considerando la denatalità galoppante che contraddistingue le ultime generazioni.

Se si guardano i numeri, gli stipendi degli italiani negli ultimi trent’anni sono cresciuti solo dell’1%, mentre quelli degli altri lavoratori nei paesi OCSE viaggiano a più del 30%. Per fare un esempio, la Germania si è arricchita moltissimo nei salari nominali.

Sarebbe forse ora di puntare di più sul benessere dei lavoratori, sposando anche la causa europea. Una promessa di futuro e di civiltà, non necessariamente di cieca sovraproduzione, sia chiaro.

Perché, se l’Europa ha dimostrato di sapersi muovere in modo sostenibile e nella tutela del lavoro, altre pedine dello scacchiere invece non lo hanno fatto. Sarebbero proprio queste a dover decrescere e ridimensionarsi. Non l’Italia o la Grecia.

Il nemico è quello che non si fa problemi a inquinare o a sfruttare i lavoratori. E conta ben più di 60 milioni di abitanti.

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